Chef del ristorante Daniel
allyouneediswine: cosa significa essere chef oggi?
Daniel Canzian: Potrei rispondere provocatoriamente “niente”, perché la parola chef significa semplicemente “capo” ed è questo ciò che uno chef deve essere: un capo, una guida per la sua brigata e un imprenditore, quando capita – come nel mio caso.
Se invece mi si chiede cosa significa oggi essere un cuoco, per me vuol dire fare ciò che amo, magari rispetto a qualche anno fa in una veste più seria, adulta e imprenditoriale. Ma fare il cuoco è soprattutto divertirsi giocando con quella che è la mia passione più grande, per cui quello che per gli altri è difficile, per me – in termini di combinazione di ingredienti – è semplice e divertente.
Non ho una vera e propria firma, ma se devo trovare un “fil rouge” nella mia cucina penso che il concetto di “eleganza italiana” sia quello che compare in tutti i miei piatti e un principio che ci tengo sempre a rispettare.
A.: Perché ha deciso di diventare ed essere chef?
D.C.: Non l’ho deciso, semplicemente non ho mai considerato altro. Vivere la realtà della ristorazione fin da bambino, grazie ai miei genitori che gestivano un ristorante, ha contribuito a rendere tutto naturale e molto familiare. Penso sia una fortuna: non mi sono mai seduto a chiedermi cosa avrei fatto da grande, ho sempre saputo che cucinare mi rendeva felice. Non a caso, Paul Bocuse sostiene che il figlio di un ristoratore abbia una marcia in più per affrontare questo settore: non è una regola, naturalmente, ma spiega bene il fatto che crescere a contatto con questo mondo faccia sì che ci si abitui fin da bambini a un certo stile di vita.
A.: Qual è il suo rapporto col vino?
D.C.: Io sono veneto e, come si dice, dalle mie parti le campane fanno cin cin al posto di din don! Amo il vino in maniera naturale e mi piace studiarlo, assaporarlo e abbinarlo ai piatti.
A.: Su che base decide i vini della sua cantina?
D.C.: Sulla base della mia cucina, assolutamente! La mia prerogativa, oggi, è avere una carta dei vini basata non sui grandi nomi ma sulle peculiarità che riesco a trovare sul mercato: produttori scelti in base a come vengono trattate le uve, invecchiati i vini, imbottigliati e venduti. Oggi, dopo i primi errori fatti all’apertura del mio ristorante quando cercavo di avere una carta dei vini il più possibile completa di nomi e tipologie, posso finalmente dire che la carta dei vini rispecchia in pieno la mia cucina, i piatti che propongo. Per questo, per esempio, non ho in carta molti vini rossi strutturati: non è che non mi piacciano o non abbia richieste dal mercato, anzi, ma poiché il mio stile propende per una cucina essenzialmente fresca e acidula anziché molto strutturata e un po’ più “pesante”, va da sé che io abbia bisogno di abbinarvi vini che siano più minerali.
Abbinamenti perfetti di tre dei suoi piatti con i vini.
1. Risotto al limone, sugo d’arrosto e liquirizia abbinato a Falanghina Poggi Reali abbinato a Guido Marsella
2. Involtino di San Pietro all’olio dolce di mandorla, finocchi e arance abbinato a Vezzo abbinato a Grillo Terre di Bruca
3. Maialino da latte laccato allo schichimi con carote e cipolle dolci al forno abbinato Cannonau Mamuthone Giuseppe Sedilesu
A.: il vino con cui lei festeggia di solito?
D.C.: Adoro le bollicine, ma in questo ultimo periodo mi piace molto brindare con il bianco Incrocio Manzoni. È un bianco autoctono del trevigiano, creato a Conegliano, la mia città (anche se i miei concittadini nel tempo lo hanno relegato al consumo da osteria) che oggi un’azienda trentina come la Maso Furli ha ribaltato completamente, dando vita a un vino biologico biodinamico estremamente interessante.
A.: Qual è il vino che non può mai mancare a casa sua?
D.C.: Sicuramente un Pinot Nero, per me la rappresentazione classica di un vino elegante e sempre “fresco”.
A.: Cibo e vino; chi può vivere senza chi?
D.C.: L’uno può esistere senza l’altro. Il cibo non ha bisogno del vino per essere gustato ed è vero anche il contrario: posso bere un calice di vino per il solo piacere di berlo, senza per forza creare un abbinamento.
Negli abbinamenti, la cosa che conta è che siano fatti bene, con criterio, solo così sia cibo e vino possono essere interdipendenti e sposarsi alla perfezione in bocca.
A.: Rosso o bianco? Fermo o mosso? Italiano o straniero?
D.C.: In base ai miei gusti personali dico vino rosé. E fermo. Quando sono su di giri (felice o stressato, dipende) bevo bollicine, quando mi rilasso scelgo il fermo. Prediligo poi sempre vini italiani per sostenere le nostre produzioni, ma trovo comunque che i francesi siano buonissimi.
A.: Il vino che non ha ancora bevuto personalmente e che non vede l’ora di assaggiare?
D.C.: Sono molto curioso di assaggiare i Vini d’Alsazia che a settembre (dal 18 al 24) saranno protagonisti di una degustazione qui nel mio ristorante. Con loro, mi incuriosiscono anche quelli di Austria e Germania.
A.: Ha mai proposto un piatto “al vino” (con il vino come ingrediente principale)?
D.C.: Sì, per esempio il goulash di tonno, che ho creato nel 2010 con il signor Marchesi.
A.: All you need is…?
D.C.: Love: l’amore per la buona cucina!
Goulash di tonno
Tipologia: Secondi Piatti | Preparazione: 45 minuti
Preparazione:
In una casseruola, unire il vino rosso e il Porto e le cipolle tagliate a metà. Fiammeggiare e far ridurre della metà. Da parte, tagliare il tonno in parallelepipedi dello spessore e della larghezza di 1 cm e mezzo. Pelare i cipollotti, tagliarli a becco di flauto e dividerli a metà. Filtrare la salsa al vino rosso, unire la bisque di crostacei e ridurre ulteriormente del 50%. A salsa ridotta, aggiungere paprika e, qualora necessario, del sale. Rosolare il tonno su due lati, mantenendolo crudo all’interno. Tagliare ogni parallelepipedo in cubi, quindi salare leggermente. Nel piatto, posizionare i cipollotti precedentemente rosolati e passati in forno per cinque minuti, il tonno e salsare con la salsa al vino rosso.
Ingredienti per 4 persone :
500 gr di tonno fresco
200 gr di salsa al vino rosso
400 gr di cipollotti
per la salsa al vino rosso:
300 gr di vino rosso
200 gr di Porto
200 gr di bisque di crostacei
200 gr di cipolla
Daniel Canzian
Daniel Canzian è nato l’8 febbraio 1980 a Conegliano Veneto.
Ha studiato a Vittorio Veneto dal 1994 al 1998 e la sua passione per la cucina è iniziata in una cittadina vicino a Venezia, dove la sua famiglia aveva un ristorante.
Ha lavorato al ristorante Dolada (2 stelle Michelin), ristorante Tivoli (1 stella Michelin), ma la sua vita professionale è cambiata totalmente nel 2005 quando ha conosciuto Gualtiero Marchesi.
Daniel ha lavorato per il Maestro Marchesi ed è diventato Executive Chef del ristorante Il Marchesino al Teatro alla Scala nel 2008.
Nel 2010 ha ricevuto il premio “Pellegrino Artusi” come migliore giovane Chef dell’anno.
Nel 2011 è diventato l’Executive Chef del gruppo Gualtiero Marchesi.
Marchesi ha sempre sottolineato quanto fosse stata importante la sua esperienza in Francia da Pierre e Jean Troisgros, a Roanne.
Nel 2011 Daniel ha deciso di studiare attentamente la cucina francese e ha avuto l’opportunità di conoscere e lavorare con il Maestro Michel Troisgros e suo figlio Cesar.
Aver lavorato con maestri come Marchesi e Troisgros è stato importantissimo per Daniel.
Nel 2013 Daniel apre il suo ristorante a Milano in via San Marco Angolo Castelfidardo, chiamato DANIEL, cucina italiana contemporanea.
Il Ristorante
Il Ristorante Daniel, cucina italiana contemporanea, nasce nel 2013 ed è il frutto della passione, dello studio e dell’esperienza dello Chef Daniel Canzian. Executive Chef de Il Marchesino nel 2008 e del Gruppo Marchesi nel 2011, anno in cui ha avuto anche il privilegio di lavorare con il Maestro Michel Troisgros, esaudisce il suo sogno quando apre e dà il proprio nome al suo ristorante.
In uno spazio elegante ed essenziale Daniel dà vita ad una linea di cucina basata sulla filosofia del “togliere”, per esaltare la semplicità degli ingredienti. Il ritmo delle stagioni regala ai clienti un menù in perenne evoluzione, perché semplicità, stagionalità e italianità sono gli elementi alla base della cucina dello Chef, mediterranea e sincera, così come Daniel, che ha scelto di lasciare non solo totalmente a vista, ma anche fisicamente aperta sulla sala, la cucina.
Gli inebrianti profumi della cottura provenienti dalla cucina, insieme all’affascinante danza degli chef al lavoro, portano la degustazione del piatto, accompagnato da pane e grissini fatti in casa, alla sua massima esaltazione.